Un po’ di dolcezza.

                                                                                        

                                                                                                di Oriana Pagliarone

 

 

Una crociera last minute, ad un prezzo veramente stracciato!

Avevo convinto la mia amica Irene a condividere questa esperienza.

 Non eravamo mai andate in crociera, io per i miei problemi di salute e di dipendenza, lei per problemi economici. Ma questa si era rivelata un’occasione da non perdere.

Il mio medico era preoccupato per la mia decisione, la riteneva azzardata:

«Sei appena uscita da una fase delicata.

 Certo, sei guarita, ma una ricaduta è sempre possibile.

 Credo sia imprudente mettere tutto a repentaglio per un capriccio!»

«Dottore, lei mi conosce da quando ero bambina, conosce la mia storia. Questo non è un capriccio, voglio mettermi alla prova, mi sento forte, posso resistere alle tentazioni.

Non la deluderò.

Starò attenta. Vedrà, una vacanza mi farà bene.»

E così eravamo partite: dieci giorni per allontanarci da tutto e da tutti.

Ma nonostante i tentativi per rilassarmi e divertirmi, non riuscivo a inserirmi in quel contesto gioioso.

La mia amica aveva fatto subito amicizia con dei ragazzi che a me non piacevano molto.

Troppo chiassosi, un po’ volgari, ma Irene diceva di trovarli divertenti.

E così me ne rimanevo sempre in disparte, osservavo gli altri ballare, giocare, ma restavo isolata, anche in mezzo alla gente.

Ero molto attenta a non cedere a nessuna tentazione. I miei demoni. Un cedimento e sarebbe stata la fine, lo sapevo.

Ci ero cascata tante volte. Ogni volta mi ripetevo che sarebbe stata l’ultima. Ma sempre tornava prepotente il desiderio di soddisfare quel bisogno irrefrenabile.

Drogata, sì, una drogata. Ma forse oggi guarita. Forse.

I giorni erano passati veloci, qualche escursioni, alcune passeggiate nei dintorni dei luoghi che la nave toccava: ho di tutto ciò ricordi sbiaditi.

L’ultima sera Irene mi fece trovare un biglietto in cabina dicendo che non sarebbe andata alla festa in  piscina. Sarebbe rimasta con un amico speciale, come diceva lei.  Di non preoccuparmi e di divertirmi lo stesso.

Cercai di restare calma, non mi piaceva stare sola, ma avevo detto che era una prova la mia e quindi decisi di salire al ponte nove dove si teneva questa festa.

Stavano già ballando i balli di gruppo. Provai a seguirne i passi, ma non ne ero capace, mi spingevano, mi pestavano i piedi. Decisi subito di lasciare perdere: ballare non faceva per me.

Poi vennero i lenti, ma anche in quell’occasione nessuno si accorse di me, ero come trasparente.

Eppure chiedevo solo un po’ di dolcezza.

Cominciavo a sentirmi debole, quel pensiero ossessivo non mi aveva abbandonato mai, neanche per un istante, lo avevo solo tenuto nascosto, sopito in un limbo, sperando di essere più forte, ma ora in mezzo a tutte quelle persone che sembravano così felici e spensierate mi sentivo ancora più sola, bisognosa di un aiuto esterno, a cui troppe volte avevo fatto ricorso.

Mi voltai verso il buffet: una distesa sterminata di dolci, di tutte le forme e colori.

Una provocazione a cui non potevo più resistere:

“ Solo una pasta, piccola, giusto per assaggiare e darmi un tono in mezzo a tutta questa gente!”, mi ripetevo come un mantra, mentre già pregustavo quello che sarebbe successo.

La mia droga, il cibo e soprattutto i dolci, da sempre. Una lotta impari, un nemico invincibile di fronte al quale ancora una volta cedevo.

E come sempre appena rotto l’argine, un fiume in piena mi sommerse.

Con il cuore in gola presi un piatto, grande, e cominciai a riempirlo di tutto quello che avevo evitato per tanto tempo e che sapevo essere per me l’ultima sconfitta. Ma non mi importava, volevo solo un po’ di dolcezza.

Solo un po’ di dolcezza.

Mi hanno ritrovato la mattina dopo sul letto con vicino il piatto di dolci quasi vuoto, solo poche briciole.

Hanno parlato di coma diabetico e arresto cardiaco.

Un sorriso sulle labbra.

Finalmente un po’ di dolcezza.

Solo un po’ di dolcezza.