Un marziano un giorno di primavera è atterrato…

                                                                     di Oriana Pagliarone

 

Vengo dallo spazio profondo, sto viaggiando da anni con questa astronave velocissima, quasi alla velocità della luce.

Appartengo ad un popolo evoluto, abbiamo costruito motori a fusione nucleare a freddo, che ci ha permesso di superare tutte le difficoltà logistiche dei viaggi interplanetari.

Sono atterrato su questo pianeta, strano, inospitale.

L’aria  è irrespirabile, cumuli di macerie ovunque, lava, detriti, fumi neri nel cielo plumbeo, acqua scura, inquinata, una pioggia di fuliggine che cade ovunque.

Secondo i miei calcoli dovrebbe essere primavera, ma non vedo fiori, né vegetazione, solo rami secchi, che si stendono verso l’alto.

Non  vedo esseri viventi, solo insetti con una grossa corazza di cheratina, piccoli e sfuggenti, che si nascondono alla mia vista.

Ovunque desolazione e morte.

Mi sembra di ricordare uno scenario già visto in un mio passato remoto.

Un tempo il mio pianeta era florido e splendente, pieno di vita, acqua, aria, uno spettacolo meraviglioso, ma poi le catastrofi naturali e l’azione di noi abitanti, senza rispetto per la natura e l’ambiente, l’avevano trasformato in un mondo inospitale, senza vita. Prima della distruzione totale, un gruppo di noi era partito in cerca di un nuovo mondo dove ricominciare.

Durante il viaggio erano morti tutti, chi per una strana malattia, chi per incidenti, alla fine ero rimasto solo io.

E ancora vado cercando un posto dove fermarmi. Ma ho perso l’orientamento spazio-temporale.

Questo, comunque, non mi pare il posto ideale.

Eppure mi pare di riconoscerlo.

La radioattività è elevata, sicuramente una guerra nucleare ha distrutto il pianeta, il terreno è contaminato, eppure in alcune zone distinguo tracce di un passato che mi sembra di ricordare, resti di costruzioni in cemento, rovine di una civiltà lontana ed arcaica.

Prendo in mano un insetto che mi solletica il braccio: lo riconosco: è uno scarafaggio, so selezionare l’ordine, la specie, la famiglia. Questo esisteva anche nel mio pianeta!

Se fosse un personaggio di un racconto di Kafka,” La metamorfosi”, sarebbe un uomo trasformato in insetto, ma quello è solo un racconto: in realtà comincio a capire solo adesso dove mi trovo.

Una reazione nucleare violentissima ha distrutto questo pianeta, facendo sopravvivere solo gli esseri viventi dotati di una grosso involucro protettivo  di cheratina, un guscio resistente  alle radiazioni nucleari, l’unica difesa possibile.

Ho viaggiato a velocità vicino a quelle della luce, per me sono passati venti anni, ma per questo pianeta, invece, millenni.

 Questo non è un nuovo pianeta, è sempre la mia Terra così  come è diventata nel corso dei millenni, sconvolta da catastrofi apocalittiche.

Ho viaggiato nel tempo: sono “tornato” nel futuro.

Ora sono di nuovo qui, ma solo, non c’è più nessun essere vivente, tranne gli scarafaggi.

Spero di diventare uno scarafaggio anch’io, come nel racconto di Kafka, così potrei sopravvivere ed avere la compagnia dei miei simili.

Non ho più carburante per riprendere il viaggio.

Sono costretto a restare qui.

Sento già le mie gambe formicolare, si stanno trasformando in zampette pelose, due antenne sottili stanno spuntando sulla mia testa…

Dovrei essere contento, sto diventando anch’io uno scarafaggio.

Meglio così.