Lo specchio capovolto di Oriana Pagliarone

 

Ho cinque anni, molta fantasia, gioco spesso con gli oggetti più strani. Oggi ho preso in mano uno specchio, non per guardarmi riflessa, ma per inventare un divertimento tutto nuovo.

Lo giro, in modo che rifletta il soffitto, avvicino la faccia per vedere solo il riflesso dello specchio, le pareti capovolte.

Camminando per il corridoio, guardando sempre nello specchio, mi sembra di essere in un mondo incantato, familiare, ma nello stesso tempo diverso.

I miei passi sono incerti, mi sembra di avere le vertigini, ma questo gioco mi piace, scanso il lampadario che sembra intralciare il mio cammino, mi avvicino ai mobili appoggiati alle pareti che ora sono strani, le finestre sembrano balconi! Tutto capovolto, tutto alla rovescia.

 

Questo ricordo affiora alla mia mente in certi momenti particolari: anche nella mia vita di oggi, a volte, mi sembra di camminare in un mondo capovolto: situazioni che si rovesciano, hai ragione e ti danno torto.

Ma soprattutto trovo il mondo capovolto quando si affronta il discorso dei “cervelli in fuga”: fino a qualche anno fa, i nostri ragazzi costretti ad espatriare per ottenere migliori condizioni lavorative, venivano guardati con rispetto, non solo nell’ambito ristretto della famiglia e degli amici, ma anche a livello nazionale: erano la nostra bandiera all’estero, portavano in giro per il mondo la preparazione, l’impegno, la tenacia, l’estro e la fantasia tutta italiana. Con passione, con allegria a volta, ma certamente anche con sofferenza, magari celata dietro sorrisi rassicuranti: un nuovo ambiente, una diversa lingua, un approccio non sempre facile con le persone, un clima spesso ostile, certo non quello mite della nostra pur sempre bella Italia.

Fatica, volontà, coraggio, riconosciuti unanimemente da tutti.

Ma oggi sento dire da certi politici che i nostri ragazzi sono fuggiti perché non sanno affrontare le difficoltà nella loro patria, per viltà, disimpegno, e a furia di ripeterlo ad alta voce anche la gente sembra condividere questi discorsi…

Una mia “amica”, incontrata per strada, dopo i convenevoli di rito: «Non mi fraintendere cara, tuo figlio è stato in gamba, il suo è certo un lavoro importante, ma sai, se tutti facessero così, in Italia non rimarrebbe più nessuno, un paese di  vecchi, che tristezza!

Prima studiano in Italia e poi vanno all’estero a mettere a frutto il loro sapere, a discapito del nostro paese….» Aveva riscoperto improvvisamente un nazionalismo di bassa lega (potrei usare tranquillamente la L maiuscola). Il tutto con un pizzico di spirito autarchico e una manciata di protezionismo: una pessima ricetta di patriottismo spicciolo.

Ma stiamo scherzando?

Veramente tutto un mondo capovolto!

Non ci ho visto più, ho risposto: «Mio figlio avrebbe certo preferito restare qui se solo l’Italia gli avesse  offerto un lavoro seriamente retribuito, all’altezza della sua preparazione, ma purtroppo spesso il nepotismo, il clientelismo, il disconoscimento del merito, d’altra parte imperante in ogni settore lavorativo, l’ha costretto a cercare fuori quello che non ha trovato nel suo paese.

Sono i nostri governanti, e i politici in genere, che si dovrebbero vergognare per questo stato di cose. Nessuno ha mai cercato seriamente di modificare il passaggio dall’Università al mondo del lavoro, le risorse economiche spesso indirizzate in altri settori, i finanziamenti per la ricerca in Italia all’ultimo posto, sono tutte cose di cui i nostri governi si dovrebbero far carico e non addossare ai nostri ragazzi la responsabilità di scelte politiche, economiche sconsiderate che hanno portato poi a questi risultati: la “fuga dei cervelli” dall’Italia. E adesso, scusa cara, ma devo andare al Corso di Scrittura Creativa. »

Sento dire all’estero che il nostro  è “il paese delle vacanze” , dove è bello divertirsi, rilassarsi, ma dove è impossibile lavorare…

Quanto vorrei rompere lo specchio capovolto che dà torto a chi ha ragione…

Crash!!