La rabbia     di Oriana Pagliarone

 

La rabbia è un sentimento ritenuto erroneamente solo negativo.

Uno scatto d’ira per un torto subito, per qualcosa andato storto, viene sempre considerato  riprovevole. Perdere il controllo è inelegante. Ma molto liberatorio.

Se siamo irritate, ma devo proprio dire arrabbiate perché “irritate” non è sufficiente, non è la stessa cosa, quindi, quando siamo arrabbiate abbiamo due possibilità: reprimere o sfogare la rabbia che sale in noi come un’onda irrefrenabile.

A volte  ci lasciamo andare e…litighiamo. Oppure rinunciamo a fare esplodere quel ruggito che è dentro di noi.

Ma la rabbia repressa può essere molto pericolosa: le nostre nonne, le nostre mamme erano abituate a tenere tutto dentro, dispiaceri, rabbia, dolori, ma spesso questo atteggiamento si ripercuoteva sul loro carattere, sul loro fisico, si ammalavano, a volte seriamente, a volte solo per attirare l’attenzione del marito, ma era comunque una sofferenza, un disagio vero, tangibile.

La depressione, che spesso non veniva diagnosticata, era  una compagna di vita delle passate generazioni di donne, abituate a tacere e nascondere.

Per fortuna non sempre e non per tutte. Alcune donne  attuavano piccole strategie per disinnescare quel groviglio interno fatto di frustrazione, rabbia, dolore. Emblematico il racconto di una donna che spesso si vedeva portare a casa dal marito grandi quantità di pesce, che toccava a lei pulire e poi cucinare: le montava dentro una tale rabbia per quel lavoro che trovava ripugnante, che avrebbe voluto gridare e piangere, invece non protestava, ma  con fredda calma, per ogni pesce che puliva ne buttava due nella spazzatura, con un profondo senso di sollievo e soddisfazione.

E faceva così anche con gli enormi mazzi di verdura che arrivavano sulla sua tavola, sempre portati dal marito. Tutto questo lei lo raccontava tranquillamente alla nuora. Lo riteneva un modo semplice per non litigare e nello stesso tempo per accontentare il marito che non si accorgeva neanche di tutto quel cibo sprecato e buttato via. Non era consapevole della  violenza nascosta in quei gesti, contro quel marito troppo nutritivo, invadente degli spazi che lei riteneva solo suoi. La rabbia in lei si traduceva in gesti liberatori, buttare via il pesce o la verdura era per lei il modo per opporsi a quella che sentiva come una violenza su di sé.

Era estremamente pericoloso, una bomba ad orologeria che poteva scoppiare in ogni momento, o forse mai, lasciando però in lei un mare di rancore non metabolizzato.

Sempre un piccolo episodio, una sciocchezza, ma mi  ha molto colpito per il rifiuto verso il marito, verso la famiglia, che quel gesto inconsciamente dimostrava.

Allora molto meglio una sana rabbia esplosa in modo irrefrenabile, una bella litigata e poi … fare pace.

In fondo essere irascibile non è sempre un male!

Evviva! Ho sdoganato un altro mio difetto!