La leggenda della sirena Partenope

 

di Oriana Pagliarone

 

PARTENOPE   Sono molto arrabbiata,  soprattutto delusa da te. Non me l’aspettavo.

PROF.SSA                   Ma chi sei?

PARTENOPE     Non mi riconosci? Sono Partenope e ora ti spiego perché sono così arrabbiata con te. Sulla moneta che stringi nella mano, quella del tuo liceo, il Vittorio Emanuele II di Napoli, in cui hai insegnato per tanti anni, sulla moneta, coniata all’indomani del 125° anniversario della sua fondazione, avete raffigurato il dio fluviale Acheloo, toro con volto umano. E’ vero, Acheloo è mio padre  ma certo non è bello  e invece potevate utilizzare la mia immagine. Io sono molto più fotogenica, non trovi? Scusa, ma perché avete scelto proprio mio padre ? E cosa volevate rappresentare?»

PROF.SSA        Scusa, Partenope, anche a me sarebbe piaciuta di più la tua immagine sulla medaglia del nostro liceo, ma non sono stata io a decidere, lo sai. Sono mortificata. Simbolicamente volevamo rappresentare la vittoria della ragione e dell’intelletto sulla “bestialità umana”: un richiamo dotto, intenso, che evoca le origini mitiche di Neapolis.

PARTENOPE        Sulle origini di Napoli si sono dette molte sciocchezze a cominciare da quell’ignorante di Omero che immaginò che fossi addirittura un uccello con la testa di donna, poi quegli altri più ignoranti di lui che mi descrissero metà donna e metà pesce!

Siete strani, voi esseri umani! Siete dei misogini, gretti, bacchettoni! Appena una è un po’passabile subito la trasformate in un essere immondo… Non ti sembra?

PROF.SSA    Sì, insomma… però ti devo dire che ho sempre pensato che a fondare Napoli fosse stata una vera Sirena, sai quella con la coda, quella che canta, quella che abita nelle acque del nostro golfo. Insomma come la Sirenetta di Andersen.

PARTENOPE     Francamente quella non mi piace molto: va bene sacrificarsi per amore, ma non fino al punto di rinunziare alla propria voce, alla propria lingua, per un paio di gambe. Tra l’altro per un uomo ingrato.

PROF.SSA      Certo hai ragione! Vuoi che ti racconti la leggenda che ti riguarda, quella tramandata dalla tradizione napoletana, partenopea appunto, molto più dolce, come sanno essere tutte le cose che riguardano Napoli?»

PARTENOPE     Mi fai ridere: tu la vuoi raccontare a me che ne sono la protagonista? Ascoltami, te la racconto io, la conosco meglio. Che dici?

Comincio dalla descrizione, che fa di me, Matilde Serao.  “Era l’immagine della forte e vigorosa bellezza che ebbero Giunone e Minerva, cui veniva rassomigliata[…] i grandi occhi neri, la bocca voluttuosa, la vivida candidezza della carnagione, lo stupendo accordo della grazia e della salute in un corpo ammirabile di forme[…]

Che ne dici, non male vero?

PROF.SSA         Certo, bellissima descrizione! Ma a proposito, visto che stiamo parlando della tua bellezza, per caso quella statua che si trova a Palazzo San Giacomo, sul pianerottolo dello scalone centrale, chiamata Donna Marianna ‘a capa ‘e Napule, sei tu? Secondo alcuni studiosi  questa testa marmorea  è ciò che resta di una statua raffigurante te, la sirena Partenope, simbolo per eccellenza di Napoli.

PARTENOPE   Effettivamente questo busto in marmo fu rinvenuto, tanti secoli fa, nell’Anticaglia, la zona più antica di Napoli, e fu attribuito a me.

Dopo varie vicissitudini venni collocata a Piazza Mercato e cominciai ad essere oggetto di un culto molto importante, quasi come una Madonna a cui confidare ogni segreto, rivolgere preghiere, suppliche, offerte, lamentele, preoccupazioni, lacrime, pensieri … e si diceva che avessi doni di preveggenza e che parlassi. Ero il simbolo della speranza che nutriva il popolo napoletano, affranto dalle tante ingiustizie quotidiane.» 

PROF.SSA      Ma perché Marianna, se ti chiami Partenope?

PARTENOPE       Anche questa è una storia alquanto complessa: l’attribuzione del nome è arrivato in seguito alla spinta insurrezionale della Rivoluzione Napoletana: il popolo trovò in me una guida, un simbolo che potesse incarnare i principi di libertà, come la celebre Marianna della Rivoluzione Francese. Ma non mancano altre ipotesi, per esempio quella dalla possibile fusione tra i nomi Maria e Anna.
Ma stai divagando: non vuoi più conoscere la mia storia vera?»

PROF.SSA                 «Certo, comincia pure!»

PARTENOPE      «Allora devi sapere che sono stata una bellissima principessa greca, Partenope appunto, che in greco significa Vergine.

Il mio cuore era tutto per Cimone, mentre mio padre voleva che sposassi Eumeo, un ragazzo scelto da lui, non da me. Già allora c’erano i matrimoni combinati!

Continuava a martellare “Figlia mia, Eumeo è  ricco, proviene da una importante famiglia. Ragiona, non costringermi ad usare la forza, sai che sei la mia prediletta, io voglio solo il tuo bene, ascoltami!”

Ma il mio cuore era tutto per Cimone, che era bello, ma certo non ricco né di nobile casato. Le minacce di mio padre non mi fecero cambiare idea, anzi mi spinsero a fuggire verso lidi sconosciuti e lontani, verso mondi inesplorati.

Fu doloroso abbandonare mio padre, le mie sorelle, gli affetti più cari, i luoghi  sempre amati.

Partimmo con una nave, tra mille pericoli: burrasche e tempeste non ci trattennero dal continuare il nostro vagare, fino a quando approdammo su di un litorale bellissimo, incantato,  che aspettava solo l’amore per fiorire e risplendere.

Ci siamo amati in ogni anfratto di questi posti nati per la gioia, dalla collina di Posillipo fino alle spiagge in riva al mare lucente di stelle riflesse.

Il nostro amore fece esplodere la natura, i fiori, la terra, il mare prolifico, un’eterna primavera, le giornate tiepide e profumate.

Mio padre, le mie sorelle ed uno stuolo di nobili cavalieri ci raggiunsero: era arrivata anche a loro la voce del luogo bellissimo in cui vivevo con il mio Cimone, del mondo rigoglioso di una natura dove si viveva  felici, circondati d’amore.

Non seppero allontanarsi più da questi luoghi e così fecero molte altre genti, perfino dall’Egitto e dalla Fenicia,  attirate dalla voce misteriosa che narrava di me, giovane donna che con l’amore aveva trasformato ogni cosa, ogni luogo.

Un primo nucleo abitativo si formò tra l’isolotto di Megaride, il Monte Echia e la zona di Pizzofalcone  e così nacque Partenope,  che nel corso dei secoli  divenne Palepolis, ossia la città vecchia, e poi Neapolis, la città nuova, che è diventata sempre più grande ma sempre amata dalla Sirena, non più fanciulla ma donna ormai, madre saggia del suo popolo, prodiga di consigli e doni.

E questa è la mia storia. Bella vero?»

PROF.SSA        «Bellissima! Una storia d’amore travolgente in un luogo incantato pervaso da un aria “ mbalsamata”. Ora capisco appieno il significato di questa parola!

Scusami, non te lo dovrei chiedere, ma si può sapere dove sei sepolta veramente? A Capodimonte, sulle alture di sant’Aniello, sul monte Echia, a Castel dell’Ovo?»

PARTENOPE     «In nessun posto, io non sono morta. Io non posso morire.

Partenope non è morta, Partenope non ha tomba. Io vivo, splendida, bella, giovane da cinquemila anni. Sono io che rendo la nostra città ebbra di luce e folle di colori, sono io che faccio brillare le stelle nelle notti serene.

Partenope, la vergine, la donna, non muore, non muore, non ha tomba, è immortale… è l’amore. Io sono l’amore.

PROF.SSA     Mentre nell’aria riecheggia il dolce suono di queste parole, Partenope mi sorride, mi fa un cenno di  saluto con la mano, si volta.

La vedo allontanarsi e dissolversi ai miei occhi.

Apro la mano. Ho ancora nel palmo la moneta del mio liceo.

Guardo con più attenzione: al centro non c’è più Acheloo, ma …Partenope!

E sembra pure che mi strizzi l’occhio.