Un compito assegnato durante il corso di scrittura creativa : la storia di un mio antenato (vero o immaginario)

Io ho scelto Ipazia

 

Ipazia

                                                      di Oriana Pagliarone

 

 

Abito in una casa piena di oggetti antichi, quadri, statue, bronzi: le passioni di mio padre.

Questo busto di marmo raffigurante una giovane donna mi è sempre piaciuto: «Papà, chi è questa ragazza? È bella, ma nello stesso tempo ha un’espressione determinata.»

«Si chiama Ipazia, una grande scienziata, nata intorno al 370 d.C. ad Alessandria d’Egitto e avviata dal padre, Teone, allo studio della matematica, della geometria e dell’astronomia, all’epoca inconcepibile per una donna.»

«Era anche molto bella, vero?», dico osservando la statua con una punta d’invidia.

«Bellissima, tanto che uno dei suoi allievi s’innamorò di lei, ma non volle mai sposarsi, era molto indipendente e non voleva legami.»

«Assurdo, come poteva una donna resistere all’imposizione di un matrimonio nel quarto secolo dopo Cristo?». Sono ammirata per la forza e la tenacia di questa donna.

«Infatti era inammissibile per quei tempi. E se pensi che all'età di trentuno anni assunse la direzione della Scuola Neoplatonica di Alessandria, puoi capire da te che era una donna fuori da tutti gli stereotipi, un’eccezione clamorosa.»

«Magari era scostante e gelosa dei suoi studi…», cerco quasi di trovare un difetto in tanta perfezione.

«Al contrario, la sua caratteristica principale era la generosità con cui diffondeva pubblicamente il sapere, tanto da diventare un'autorità e un indiscusso punto di riferimento culturale nello scenario dell’epoca.
Per la sua straordinaria saggezza tutti la rispettavano profondamente e provavano nei suoi riguardi un timore reverenziale. Era amata dal popolo perché non era gelosa del proprio sapere, ma sempre disposta a condividerlo con gli altri, e al contempo era rispettata da molte autorità cittadine.

Filosofa e scienziata, scopritrice e studiosa, riuscì a ottenere un forte peso politico e culturale in un’epoca in cui le donne non avevano la possibilità di distinguersi nella Scienza.

Era piena di passione ed un’ottima insegnante: potrebbe essere  una tua progenitrice, visto l’amore che dimostri per la matematica. Forse l’hai ereditato da lei! Chissà!»

«Papà dai, non scherzare, per me la matematica è un gioco, un divertimento, è sempre stato così fin da piccola, e tu lo sai che da grande vorrei diventare una brava insegnante per poter trasmette questa mia passione anche agli altri.»

«Vedi che hai tutte le caratteristiche di Ipazia? L’amore per la matematica, il desiderio di trasmettere le tue conoscenze agli allievi! Anche tu come lei, vuoi cercare nuove strade per avvicinare i ragazzi alla conoscenza delle materie scientifiche, vuoi sperimentare, scoprire nuovi metodi, e soprattutto sei piena di passione. Cosa ne sai, i misteri della genetica sono infiniti, può darsi che un gene di Ipazia sia veramente arrivato fino a te!»

«Uffa, papà, mi prendi sempre in giro!»

«Chissà, chissà…! Ora basta chiacchierare, domani c’è la scuola!»

È tardi, vado a letto, nella mente restano brandelli di parole ed immagini: Ipazia, la Scuola di Alessandria, la Scienza… la Matematica…

 

Una figura vestita di bianco mi si avvicina, la riconosco: è proprio lei, Ipazia: «Ciao Oriana, so che mi ammiri e che addirittura pensi che io sia una tua antenata. Può darsi, potresti avere anche ragione. So che vorresti chiedermi delle spiegazioni, ma prima rispondi a questa domanda: conosci le figure ottenute dalla sezione di un cono?»

«Certo, le coniche: cerchio, ellisse, iperbole e parabola», rispondo con un po’ di apprensione.

«E dimmi, ti ricordi che ho calcolato la distanza della Terra dal Sole e ho visto che è diversa d’estate e d’inverno?»

«Mi ricordo… ma…»

«Non avere fretta, rifletti: se l’orbita della Terra intorno al Sole fosse circolare, come potrebbe il Sole occupare il centro di questo cerchio se la sua distanza dalla Terra cambia a seconda delle stagioni?»

«Effettivamente l’orbita non può essere una circonferenza!», sto assistendo alla nascita di un’idea che sconvolgerà il mondo!

«Ma se noi prendiamo i due punti estremi, che si trovano alla massima e minima distanza della Terra dal Sole…»

«Perielio e afelio», la interrompo, voglio far vedere che conosco anche il greco oltre che la matematica!

«Brava, il perielio e l’afelio e manteniamo costante la somma delle distanze della Terra da questi due punti… otteniamo … guarda, ora te lo faccio vedere», e, così dicendo, prende una manciata di sabbia, la butta sul pavimento, stacca due fiaccole dalla parete e le conficca a terra, ad una certa distanza tra loro. Poi prende una corda, più lunga di quella distanza:

«Dai, lega  le estremità della corda alle due fiaccole e guarda cosa faccio.» Ammirata e trascinata dalla sua passione, ubbidisco.

Lei continua: «Con un bastoncino, che rappresenta la Terra, tendo la corda, poi muovo il bastoncino da un estremo all’altro e traccio un solco sulla sabbia: la somma delle distanze del bastoncino dai due punti è sempre la stessa, e piano piano disegno…un’ellisse!

Capisci? Solo così si può spiegare la distanza variabile della Terra dal Sole al variare delle stagioni. La Terra ruota secondo un’orbita ellittica, non circolare!»

«Ma come facevi a sapere queste cose?»

«Avevo studiato il sistema eliocentrico sui papiri di Aristarco di Samo molti secoli prima di Copernico, Galileo e Keplero, e da quello studio ho  anche dedotto che l’orbita terrestre intorno al Sole è un’ellisse!»

«Ipazia, non dimenticherò mai questo momento! Grazie, mi hai fatto assistere alla nascita di un’idea che rivoluzionerà il mondo del sapere nei secoli!  Mi sono sempre chiesta come siano arrivati gli scienziati dei secoli passati a formulare delle teorie e a far nascere nella loro mente idee così straordinarie!»

«Mia cara,io ho avuto il privilegio di poter accedere al sapere dei Sommi Studiosi del passato, Democrito, Euclide, Pitagora, Archimede, Aristarco di Samo, fino a Teone, mio padre.

Ad Alessandria d’Egitto sono confluite per secoli le menti più brillanti di grandi filosofi e scienziati. Faraoni, principi, imperatori, nel corso dei secoli, hanno sempre aiutato tali uomini a indagare sui misteri della Natura.»

«Infatti, cara Ipazia, tu sei in grado di arrivare a conclusioni incredibili in moltissimi campi del sapere, e questo è eccezionale!»

«Grazie, cara, ma tutto questo sta per essere messo in pericolo dal vescovo Teofilo che vuole togliere, a noi studiosi pagani di Alessandria, ogni privilegio, e distruggere tutti i templi del Sapere.

Come vedi ci troviamo nel Serapeo, tempio dedicato alla divinità Serapide, dove insegno e studio: da qui posso accedere ad una grande biblioteca, dove sono conservati i papiri dei più grandi scienziati del passato. Ho provato a parlare con Teofilo ma è stato irremovibile: “Piccola Ipazia, con la tua avvenenza dovresti essere sposa e madre da tempo, ma ti è mancata la guida di una madre e tuo padre ha avuto la debolezza di avviarti agli studi matematici ed all’astronomia, alla medicina e ad ogni scibile umano. Tu, però, sei una donna e come tale devi rispettare il ruolo che ti è stato assegnato da Dio, procreare e poi educare altre creature nel timore del Signore.”

«Il vescovo Teofilo mi voleva addirittura convertire, ma io ho saputo tenergli testa: “Il ruolo della donna non è stato scritto da Dio, ma da uomini come te! Alle donne è stato sempre negato l’accesso al Sapere e allo studio, ma tu sai che chi detiene la Conoscenza ha il Potere!

Tu mi temi per ciò che conosco, per la mia ricerca costante della Verità. Hai paura del Sapere e vuoi che tutti restino nell’ignoranza.”

Il vescovo non si è scomposto, è stato irremovibile ed io so che Alessandria in breve tempo perderà tutti i privilegi che le hanno permesso finora di brillare come un faro di conoscenza nel mondo. Immaginando che il mio tentativo di parlare con Teofilo sarebbe stato vano, ero già corsa ai ripari.

Ricordo i mesi che precedettero il mio colloquio con il vescovo, giorni di grande angoscia: prima che venissero distrutti tutti i templi pagani e bruciata la biblioteca, come già avvenuto ai tempi di Giulio Cesare e Cleopatra, mi vidi costretta a nascondere i papiri più importanti, per tramandare ai posteri il Sapere che era in pericolo!»

«Voglio aiutarti anch’io, Ipazia, a trasportare in un luogo sicuro, tutto quello che riterrai indispensabile per il futuro!» Sono sconvolta ma decisa.

«Grazie Oriana, il tuo nome è oro, aurum, ma oggi sei un balsamo per le mie ferite più profonde, per il mio dolore! Ti ringrazio, ma il lavoro è già stato fatto a suo tempo. Altri ci aiutarono: furono giorni di lavoro durissimo, nascondemmo, in grandi anfore di creta, papiri importantissimi e li portammo in un sotterraneo segreto del Serapeo, sperando nella bontà degli Dei. Nessun altro ne era a conoscenza.

Purtroppo, Oriana, mia allieva diletta, devo riconoscere che i presagi nefasti si rivelarono fondati: la biblioteca fu incendiata, nel rogo morirono molti pagani, tra questi anche mio padre Teone»

«Ma perché non si mise in salvo? Avrebbe potuto nascondersi nella tua casa.» Non capisco il martirio del padre di Ipazia.

«Non volle sottrarsi alla violenza: si  rifiutò di fuggire e preferì morire nel luogo sacro del Sapere.

Tutti i templi furono distrutti: a me sola fu concesso di continuare a insegnare, ma chiusa in casa. Grande è stato il dolore che mi ha toccato così profondamente, ma mi sono fatta coraggio ed ho continuato a sperare in un luogo dove poter esercitare l’arte della Conoscenza, senza timori.

In questi mesi, dopo un’iniziale esitazione, ho deciso di partire per Milano, per incontrare il vescovo Ambrogio e chiedergli un luogo dove poter studiare ed insegnare, con un ultimo briciolo di speranza, confidando in una sua apertura mentale.

Oriana, so che l’imperatore Teodosio si è convertito al Cristianesimo e si è prostrato ai piedi di Ambrogio per implorare la sua benedizione e il perdono per i suoi peccati di pagano. Temo che questo episodio possa nuocere alla nostra Scuola, già molto ridimensionata, a causa delle restrizioni a cui è soggetta da tempo, ma abbiamo bisogno di un luogo dove esercitare la mente, ci devo provare. Vuoi venire con me?»

«Cara Ipazia, io sarò sempre con te, ovunque tu voglia andare! Sono felice che me l’abbia chiesto, ti seguirò a Milano dal vescovo Ambrogio e vedrai che con la tua dialettica riuscirai a convincerlo!» Sono fiera di essere con lei ed assistere a questo incontro.

 

Il viaggio è  lungo e faticoso, siamo soprattutto provate dal  freddo pungente di queste zone del nord. Non siamo abituate a queste temperature così rigide, né vestite adeguatamente. Il mantello di Ipazia non è adatto a combattere questo gelo, che sembra entrarci nel cuore, anch’io soffro molto. Per resistere al clima inospitale di questa regione ci procuriamo, lungo la strada, coperte di lana che ci  buttiamo sulle spalle.

Ma eccoci  arrivate a Milano, davanti alla chiesa di Ambrogio.

Entriamo, l’ambiente è grande e freddo, un umido pungente entra nelle ossa, ma ci facciamo coraggio e proseguiamo a camminare nella navata. Andiamo incontro ad Ambrogio: ci appare stempiato, con grandi orecchie a sventola, la faccia angolosa, la bocca tumida, alquanto sgradevole alla vista, ma la sua voce è inaspettatamente melodiosa, anche se le sue parole sono aspre: «Ipazia, mi hai voluto incontrare, bene, sono qui, nella Chiesa di Cristo.

Tu sai che l’Imperatore ormai ascolta solo me, ha emesso editti che hanno distrutto, in ogni luogo, templi, biblioteche, proibito il culto di altre divinità: presto impedirà anche le Olimpiadi e ogni tipo di Giochi.

Perché in tutto l’Impero regni l’ordine e la pace, occorre che il Cristianesimo sia il faro di ogni creatura.

Tu puoi ritirarti in un convento e dedicare le tue preghiere a Dio, solo così non dovrai temere nulla, ricorda che la lotta tra Ragione e Religione sarà eterna, non avrà mai fine!»

Ipazia freme di rabbia: «Sei in errore, Ambrogio, per secoli Atene, Efeso, Siracusa, Alessandria d’Egitto, sono stati i luoghi dove gli scienziati hanno studiato i misteri della Natura, attingendo alla fonte della Ragione, senza dimenticare ognuno la propria Religione: pagani, ebrei, cristiani, tutti insieme per scoprire la Verità. Tu pensi che gli uomini debbano vivere nell’ignoranza, per poterli dominare meglio. La tua Chiesa non sarà mai la mia Chiesa. Hai plagiato anche il mio amico Agostino, grande mente del pensiero filosofico, che ora considera le donne immondizia, l’origine di tutti i mali, proprio le donne che sono portatrici di vita!

Ma voi, padri della Chiesa, ne avete paura, volete sottomettere il genere umano con la minaccia della dannazione eterna. E far tacere il grido di ribellione delle donne. Ma ricordatevi che questo non avverrà mai, potrete bruciare le nostre biblioteche, distruggere i nostri templi, uccidere tutti i pagani, gli ebrei, ma non potrete mai far tacere la voce della Verità e della Ragione!»

L’eco di queste parole risuona ancora nella chiesa di Ambrogio, mentre noi ci allontaniamo, colme di rabbia per l’inutile tentativo, che comunque andava fatto, nella speranza di salvare in Alessandria almeno un luogo dove far crescere la Conoscenza.

 

Passano alcuni anni e la situazione è andata sempre peggiorando. Io rimango sempre incollata alla mia amatissima maestra.

Ipazia, non potendo insegnare in casa ad una folla sempre più grande di allievi, ormai scende ogni giorno nell’Agorà e si rivolge  ad un pubblico sempre attento ed incantato dalle sue parole: «Mi rivolgo a voi, donne! Ribellatevi alla proibizione di accedere ad ogni forma del Sapere: io vi aiuterò a studiare la matematica e l’astronomia, spiegherò a tutti, uomini e donne, pagani  e cristiani, l’importanza dell’indipendenza del pensiero scientifico da ogni indottrinamento religioso, la forza della Ragione, la ricerca della Verità.»

Le sue parole infiammano gli animi, ma creano anche un crescendo molto pericoloso per la sua stessa vita.

Io non la lascio un momento, ma non nascondo la mia preoccupazione: è rischioso provocare così l’ira del nuovo vescovo Cirillo. Finora Ipazia è stata protetta dallo stuolo di simpatizzanti e seguaci, a volte anche politici molto in vista, che hanno sempre impedito ogni reazione da parte del Potere, ma ormai la situazione sta degenerando, il vescovo Cirillo sta esacerbando gli animi della popolazione, quasi tutta convertita al Cristianesimo, ed io temo fortemente per la  vita della mia maestra.

Oggi 8 marzo 415 d.C. Cirillo affronta Ipazia nell’Agorà, l’accusa di mirare al potere sul popolo sprovveduto, di voler comandare su vescovi  e imperatori, di non accettare il ruolo subalterno della donna, di non voler riconoscere la propria inferiorità  e empietà.

Lei non può tacere, anche se sa di firmare la sua condanna a morte: «Cirillo, io non riconosco la tua Chiesa, fatta di sopraffazione e violenza! Aiuterò in ogni momento gli oppressi, lotterò sempre per la libertà di pensiero. Ho rinunciato a tutto nella mia vita: a essere moglie, madre, amante, ad avere una famiglia, tutto per inseguire la Verità, per l’acquisizione del Sapere. L’eco della mia voce attraverserà il mondo, anche dopo di me!»

Cirillo non risponde, è furente. Temo la sua reazione. Borbotta parole incomprensibili, ma sono chiaramente minacce.

Ormai è notte e decidiamo di tornare a casa. All’improvviso, dal  buio sbucano alcuni monaci parabolani, fedeli seguaci di Cirillo. Ci circondano tra urla e grida, capisco che ormai per noi è la fine.

Ci afferrano, cominciano a picchiarci con pugni e calci, il volto d’Ipazia è già una maschera di sangue, ma non emette un solo gemito, è pronta al martirio.

 Mi costringono a guardare: devo essere testimone oculare della fine della mia maestra, che avrà una morte lenta e atroce:«Ipazia, ti caveremo gli occhi, che hai usato per leggere e studiare, squarteremo il tuo corpo che non hai voluto contaminare con la conoscenza carnale dell’uomo trasgredendo una legge di natura, apriremo il tuo ventre che non è stato mai gravido, ed infine ti strapperemo il cuore, che tanto si è infiammato per la Verità. Questo è quello che faremo di te.»

Oggi 8 marzo 415 d.C. è morta una grande scienziata, una grande donna. Io sono inorridita, spaventata, stanno per afferrare anche me, hanno facce orribili, demoniache: vogliono farmi fare la stessa fine della mia maestra. No, io non voglio morire, io sono giovane, io non ho il coraggio di Ipazia!

Sto per urlare! A salvarmi arriva un suono insistente: la mia sveglia!

 La spengo con un gesto brusco, aspetto che il respiro torni normale.

Mi alzo dal letto, vado in cucina per fare colazione.

La televisione è già accesa, sento la notizia del telegiornale che parla dell’ennesimo femminicidio… ogni giorno una donna viene uccisa perché si ribella alla violenza dell’uomo…

Purtroppo noi donne abbiamo ancora tanta strada da fare…

Il telegiornale sta parlando di un ritrovamento di antichissimi papiri ad Alessandria d’Egitto, durante i lavori di consolidamento del terreno nella zona dell’antico Tempio di Serapide. Un evento eccezionale.

I papiri verranno portati a Napoli dove c’è un’importantissima scuola di restauro proprio per questi reperti antichissimi e rari.

I papiri! I papiri di Ipazia… Mi commuovo.

 

Il vescovo Cirillo ha governato per trent’anni ad Alessandria d’Egitto, i vescovi Ambrogio, Agostino e Cirillo, venerati come santi, sono stati elevati al rango di “dottori e padri della Chiesa Universale”.